L’Arcivescovo accanto ai malati e al personale dell’hospice Gervasutta

Ha voluto incontrarli uno ad uno, fermandosi nella stanza di ciascuno per scambiare due parole, un sorriso, un abbraccio. Poi ha condiviso un momento intimo di preghiera e la benedizione in occasione del Santo Natale.

L’Arcivescovo è stato accompagnato nel reparto – gestito dall’Azienda per i Servizi sanitari  n.4 «Medio Friuli» – dalla direttrice sanitaria Gianna Zamaro, dal medico palliativista Andrea Giacomelli, da Graziella Valoppi, responsabile del coordinamento infermieristico e da don Agostino Sogaro, cappellano della struttura.

«Qui la nostra attenzione è rivolta alla persona in quanto tale, non come paziente – ha sottolineato Zamaro –; lo stesso approccio vale anche nei confronti dei familiari, sia durante la cura della persona cara sia nell’accompagnamento all’accettazione più serena possibile di quanto si sta vivendo. Lo stesso succede anche quando ci si trova davanti alla morte, perché è allora che diventa necessaria l’elaborazione del lutto».

Molti familiari – e se ne trova testimonianza in una sorta di «registro» dove chiunque, anche lo stesso malato, può lasciare un suo scritto, un ricordo, un segno di gratitudine per il personale impegnato quotidianamente ad alleviare le sofferenze, non solo dei pazienti –, tornano in reparto anche quando la persona cara non c’è più, a distanza di anni. Così come è accaduto qualche giorno fa, come ha raccontato Valoppi, in occasione della festa organizzata per Natale che ha riunito le famiglie, il personale e tutta la rete di volontari sempre al fianco dell’Hospice. «Sono in tantissimi – ha detto – quelli che tornano a trovarci per gli auguri e per rinnovare la loro gratitudine per come sono stati accompagnati in una parte difficile della loro vita, non sentendosi mai soli, anche quando il loro caro non c’era più. Questo – ha aggiunto – ci riempie d’orgoglio e ci dona la forza per portare avanti il nostro servizio, non sempre facile, al meglio».

Dopo la visita al reparto, mons. Mazzocato si è intrattenuto con il personale al quale ha fatto i complimenti per l’operato svolto in un luogo dove ogni giorno si ha a che fare con una grande sofferenza.

«Qualche momento è davvero impegnativo – ha confermato Ilaria, operatrice socio sanitaria, da 6 mesi in servizio all’Hospice –; ci sono situazioni che ti prendono il cuore e per me all’inizio ci sono state tante lacrime. Poi con il tempo si impara a gestire le emozioni e a capire che in luoghi come questi certe attenzioni, verso il malato e i suoi familiari, fanno davvero la differenza».

L’Arcivescovo, prima di congedarsi, ha voluto leggere alcune testimonianze «donate» dalle famiglie al reparto. Come quella della piccola Sofia, 9 anni, scritta in ricordo del nonno Duilio o come quella dei familiari del signor Bruno: «Non pensavamo potesse esistere un posto come questo. Grazie per averci fatto sentire come a casa».

«Esperienze come queste – ha detto mons. Mazzocato, invitando l’equipe a raccogliere i pensieri lasciati nel «registro» in un volume da rendere poi pubblico, come testimonianza particolarmente educativa –, spingono l’uomo a cercare la sue risorse più interiori e dimostrano che anche se tutto sembra difficile una strada da percorrere si trova sempre».

 
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