Secondo appuntamento con i Quaresimali d’arte. L’Arcivescovo: «Il vero pentimento nasce dall’umiltà»

Quello dei «Quaresimali d’arte» è uno straordinario cammino proposto dalla Chiesa udinese con quattro «stazioni per l’anima» nelle prime quattro domeniche di Quaresima, accompagnate dall’ascolto di grandi capovolavori musicali. Domenica 21 febbraio la catechesi dell’arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, è stata accompangata dal Coro Schola gregoriana Ensemble Armonia di Cordenons, diretto da Patrizia Avon.



Il vero pentimento – ha sottolineato mons. Mazzocato – nasce dall’umiltà. Il pastore della Chiesa udinese ha ricordato che «la misericordia di Dio, per entrare in noi, ha bisogno che apriamo una porta, perché Dio rispetta sempre la nostra libertà e non ci impone alcuna costrizione. La porta è il pentimento. Ci apriamo alla misericordia quando ci pentiamo sinceramente dei nostri modi sbagliati di pensare, di desiderare e di comportarci e ci avviamo verso una concreta conversione. Così è avvenuto per gli abitanti della grande città di Ninive. Toccati nel cuore dalla predicazione di Giona, essi hanno riconosciuto che il loro modo di vivere li portava alla rovina personale e sociale. Si sono pentiti e hanno preso l’impegno di conversione anche con scelte concrete: vestendosi di sacco, implorando Dio con tutte le forze, abbandonando la condotta caratterizzata dalla violenza».

San Paolo, nel testo della lettera ai Corinzi letto in Cattedrale, parla della tristezza dell’animo e la indica come un segno interiore del pentimento: «Questa tristezza vi ha portato a pentirvi».

«L’apostolo – ha spiegato l’Arcivescovo – porta l’attenzione su questo sentimento introducendo un’importante chiarificazione: distingue la “tristezza secondo Dio” dalla “tristezza del mondo”. Fa capire che si tratta di una distinzione decisiva perché le due forme di tristezza portano effetti opposti nell’uomo. La tristezza secondo Dio produce il pentimento che porta alla salvezza mentre la tristezza del mondo produce la morte. Quest’ultima nasce dalla constatazione di aver sbagliato. Ma tale presa di coscienza genera una scontentezza amara di se stessi e una vergogna, che spinge a nascondere agli occhi degli altri lo sbaglio che si è fatto. In questa tristezza caddero Adamo ed Eva i quali dovettero riconosce di aver sbagliato gravemente e, travolti dalla vergogna di vedersi nudi, andarono a nascondersi nel buio invece che esporsi allo sguardo misericordioso di Dio che li cercava nel giardino. S. Paolo afferma che questa tristezza porta alla morte perché, se osserviamo bene, nasce dell’orgoglio ferito. Per Adamo ed Eva fu un secondo peccato di superbia. Il primo fu quello di sfidare Dio pretendendo di farsi padroni assoluti della propria vita. Fallito il tentativo e, trovandosi in tutta la propria miseria, si nascosero nel buio di una vita senza senso che portava alla morte».

«La tristezza secondo Dio è di natura essenzialmente diversa – ha proseguito mons. Mazzocato – perché non nasce dall’orgoglio ferito ma dall’umiltà. Essa parte sempre dal riconoscere la propria miseria e i propri peccati. Però, il dolore e l’amarezza che ne deriva non spinge a chiudersi nella vergogna ma a mettersi, con umiltà, davanti allo sguardo misericordioso di Gesù confessandogli il nostro pentimento e invocando il suo perdono. Questa la tristezza porta alla salvezza perché porta, come la pecora smarrita, tra le braccia del buon pastore e del Padre misericordioso».



«Questa tristezza, che possiamo chiamare anche pentimento del cuore per i peccati commessi – ha concluso l’Arcivescovo -, è veramente la porta che apre il nostro cuore ad accogliere la misericordia di Dio Padre e a far esperienza della gioia del perdono».

Qui il testo integrale della Catechesi pronunciata dall’Arcivescovo.

Articolo di Valentina Zanella, tratto dal sito web del settimanale diocesano «La Vita Cattolica»

 

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