Santa Messa del Crisma, forte appello dell’Arcivescovo di Udine all’unità del clero diocesano

«Sia ai cristiani che frequentano, sia alle persone lontane dalla Chiesa fa tanto bene vedere che i loro preti si vogliono bene e che vogliono bene a loro con un cuor solo ed un’anima sola e non divisi o, peggio, contrapposti». È un invito forte all’unità e alla fraternità del presbiterio il cuore dell’omelia pronunciata questa mattina, giovedì 2 aprile, dall’Arcivescovo di Udine in occasione della Messa Crismale, un momento particolare dell’anno liturgico che chiude la Quaresima e che vede uniti tutti i sacerdoti e i fedeli laici in Cattedrale attorno al loro Vescovo per la benedizione degli olii santi.
 
«Gesù è consacrato da Dio Padre con l’unzione dello Spirito Santo – aveva premesso mons. Andrea Bruno Mazzocato -. È consacrato per portare la Misericordia del Padre agli uomini che avevano bisogno di un annuncio di speranza, della liberazione dall’invincibile schiavitù del male e della morte, della guarigione del corpo e dell’anima, di scoprire la vera libertà, la libertà dei figli di Dio». La Passione di Cristo è il momento più alto di questa vocazione salvifica, «donando se stesso senza misure e confini. Sulla croce Gesù è totalmente consacrato nella Carità alla quale vuole attirare tutti gli uomini perché quella è la Vita eterna che egli vive col Padre nello Spirito Santo. Risorto da morte egli ha effuso il suo Santo Spirito su ogni uomo che crede in lui, e in lui è battezzato e cresimato, per renderlo partecipe della sua stessa consacrazione, la consacrazione nella carità».
 
I sacerdoti e i vescovi vivono in modo particolare questa vocazione, ha osservato l’Arcivescovo, perché hanno «ricevuto da Gesù la grazia di essere dei consacrati nel suo stesso amore che lo Spirito ha riversato in abbondanza nei nostri cuori. Quale progetto di vita più grande che quello di immergere, giorno dopo giorno, tutta la nostra persona nello stesso amore di Cristo!». Non è un discorso teorico, ma un fatto reale che si riflette, nelle vita dei sacerdoti, in tanti «segni della consacrazione alla carità pastorale. Abbiamo visto, ad esempio, in loro una passione per la Chiesa e per la comunità cristiana loro affidata propria del pastore che dà la vita per il gregge. Abbiamo visto in questi sacerdoti una particolare sensibilità per le persone disorientate perché nessuna pecora va abbandonata; una dedizione ai poveri e ai sofferenti perché al primo posto vanno messe le pecore ferite e malate; un amore per la predicazione della Parola di Dio e per l’eucaristia e il sacramento della Riconciliazione perché le pecore vanno  nutrite con il cibo di vita eterna; la gioia di vivere una comunione fraterna col vescovo e gli altri confratelli e di condividere la stessa missione».
 
In questo cammino non mancano le difficoltà e le cadute, ha sottolineato l’Arcivescovo, lanciando un forte appello al clero della Chiesa Udinese: «Nell’Anno della carità confessiamo, con sincerità, che tutti dobbiamo anche convertirci per rendere il nostro presbiterio una comunità di fratelli uniti attorno a Gesù come la prima comunità dei dodici apostoli. Anche tra di noi ci sono i più deboli per età, malattia o difficoltà personali. Accostiamo tutti con rispetto delicato, offrendo il nostro aiuto dove ci è possibile e non cediamo alla tentazione della critica a buon mercato o, peggio del dileggio. Anche tra di noi ci sono sensibilità, esperienze e qualità diverse. Non contrapponiamole le une alle altre creando isole che non comunicano tra loro. Come tutta la Chiesa, anche un presbiterio si arricchisce se i diversi doni sono messi in comune. Se, invece, ogni sacerdote va per la sua strada, anche le più belle realizzazioni sono inutili per l’edificazione della Chiesa. Anche tra di noi ci sono cammini spirituali ed esperienze pastorali diverse. È di grande arricchimento e sostegno reciproco comunicarcele in clima di ascolto e di rispetto, senza il timore di essere giudicati. Questo timore contribuisce a mantenere i rapporti ad un livello superficiale impedendo la crescita di amicizie che si nutrono di stima reciproca e di condivisione profonda della propria esperienza».
 
Infine mons. Mazzocato ha ricordato i sacerdoti che negli scorsi 12 mesi sono tornati alla Casa del Padre: don Raimondo di Giusto, mons. Vittorino Canciani, don Angelo Tam, don Ugo Lozza, don Giovanni Basello, don Roberto Freschi, don Angelo Zilli, mons. Giovanni Oballa, don Onorato Lorenzon e padre Giuseppe De Cillia.
 
Nel corso della celebrazione sono stati parimenti ricordati i 24 giubilei sacerdotali del 2015. Precisamente:
  • 75° di sacerdozio di don Giovanni Nimis;
  • 70° di sacerdozio di padre Renzo Infanti;
  • 65° di sacerdozio di mons. Simeone Musich, mons. Efrem Tomasini, mons. Ernesto Zanin;
  • 60° di sacerdozio di don Tarcisio Bordignon, don Santo De Caneva, mons. Elia Piu, don Giovanni Stocco;
  • 50° di sacerdozio di don Giuseppe Cargnello, don Bruno D’Andrea, mons. Renzo Umberto Dentesano, don Mario Gariup, don Davide Larice, mons. Dionisio Mateucig, don Guido Mizza, mons. Gino Pigani, mons. Marino Qualizza, don Rolando Roiatti, mons. Angelo Rosso, don Giordano Simeoni, don Natalino Zuanella;
  • 25° di sacerdozio di di don Daniele Alimonda De Mannentreu.
 
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