Don Antonio Vale, un sacerdozio accanto agli operai. L’Arcivescovo: «Seppe incarnarsi dentro la realtà del mondo del lavoro»

«Don Antonio Vale è stato veramente un collaboratore della Grazia di Cristo. Come sacerdote, attraverso la Parola del Vangelo, i sacramenti e la carità di buon pastore, l’ha donata a tante persone. Alcune lo ricordano con riconoscenza su questa terra e tante altre lo stanno accogliendo con gioia e riconoscenza in cielo». Così l’Arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, alle esequie di don Antonio Vale, deceduto mercoledì scorso alla Fraternità sacerdotale di Udine all’età di quasi 91 anni.
 
L’Arcivescovo ne ha ricordato l’impegno pastorale. Nei primi anni di sacerdozio è stato vicario parrocchiale a Tarvisio e a Buttrio dove ha profuso le sue energie giovanili per l’animazione e la formazione dei ragazzi e degli adolescenti. Accolse, poi, l’invito di passare in diocesi di Prato e dedicarsi al ministero di cappellano degli operai nell’organizzazione dell’Onarmo (Opera nazionale di assistenza religiosa e morale degli operai). «Questo servizio di buon pastore costituì la parte più lunga e più significativa del suo sacerdozio – ha ricordato mons. Mazzocato -. Si trovò a condividere dall’interno le grandi e travagliate trasformazioni del mondo del lavoro che non ci è difficile ricordare e immaginare se appena pensiamo che don Antonio iniziò il suo ministero di cappellano di fabbrica nel 1663 e lo continuò fino agli anni ’90. Grazie al suo cuore buono, al suo carattere sereno, all’intelligenza vivace e alla profonda spiritualità sacerdotale egli seppe incarnarsi dentro la realtà del mondo del lavoro intrecciando rapporti di fiducia con gli operai che lo cercavano per avere una parola di conforto e di speranza che nascesse dal Vangelo. Pur non cercando in alcun modo di mettere in mostra se stesso, aveva una mente aperta e attenta alla realtà con le sue evoluzioni. Per questo ebbe significativi contatti anche con il vivace mondo fiorentino di quel tempo, con i Vescovi e con personaggi di grande qualità e spicco come il sindaco Giorgio La Pira e don Lorenzo Milani».
 
Giunto il tempo, per raggiunti limiti di età, di concludere il suo ministero sacerdotale a Prato e nel mondo del lavoro, decise di tornare nella sua terra natale di Gemona dove lo attendevano le sorelle. «Fece questo passaggio con la sua usuale serenità – ha evidenziato l’Arcivescovo – e semplicità mettendosi a disposizione della parrocchia e del parroco; testimoniando, in questo modo, la maturità spirituale che aveva raggiunto e il profondo spirito di servizio alla Chiesa che lo animava nel profondo del suo animo di pastore e di sacerdote. Quando le forze vennero meno in modo pesante, chiese ospitalità alla comunità della Fraternità sacerdotale dove, ugualmente, si inserì con disponibilità, quasi con naturalezza. Ricordo anch’io, nelle mie diverse visite alla Fraternità di averlo sempre incontrato con il sorriso sulle labbra e con la serenità negli occhi».
 
Come Gesù, don Antonio «è stato un chicco di grano che ha accettato di incarnarsi nella vita degli uomini, anche nelle situazioni umanamente più deboli e difficili – ha concluso mons. Mazzocato -. Possiamo riconoscere che ha portato frutto, frutti di carità in mezzo ai fratelli. A Gesù, che si era sacrificato come il chicco di grano, il Padre dal cielo promette: “Ti ho glorificato e ancora ti glorificherò”. Chiediamo tutti assieme e con fede per d. Antonio la grazia di sentire ora la stessa promessa di Dio: “Ti glorificherò. Entra nella gioia del tuo Signore in compagnia della Vergine Maria e di tutti i santi”».
 
 

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