Una cappella nel carcere di Udine: a Pasqua l’inaugurazione con l’Arcivescovo

Dopo anni di attesa, finalmente il carcere di Udine avrà la sua cappella per celebrare la Santa Messa. È stata ricavata in una grande sala dell’edificio di via Spalato, che permette di contenere dalle 30 alle 40 persone. Sarà benedetta il giorno di Pasqua, domenica 17 aprile, dall’Arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, che, alle ore 9, celebrerà la Messa con i detenuti.

Proprio l’Arcivescovo ha fortemente desiderato che questo ambiente venisse realizzato, sostenendo anche finanziariamente i lavori. «La cappella – afferma il cappellano del carcere, don Giuseppe Marano, al settimanale diocesano “La Vita Cattolica” – è nata da un forte bisogno, mio, dei volontari che con me lavorano e dei detenuti, di avere un luogo dedicato solo ed esclusivamente ai momenti di preghiera e, in particolare, alla Santa Messa. Ringraziamo il carcere per aver avuto questo ambiente e, in particolare ringraziamo l’Arcivescovo che ci ha aiutato perché la cappella potesse essere operativa».

 

Un luogo importante per molti detenuti

Il carcere di Udine, a differenza dell’istituto di Tolmezzo che ne ha una, non aveva mai avuto una cappella vera e propria. In passato le Messe si tenevano nella sala della socialità. Il Covid, però, ha costretto a sospendere le celebrazioni per mancanza degli spazi richiesti dal distanziamento. Ora la nuova cappella consentirà di riprendere questo momento che per molti carcerati è assai importante. «Normalmente – spiega don Marano – partecipa alla Messa una trentina di detenuti, italiani e stranieri, cattolici per lo più, o greco-cattolici, ma ci sono anche alcuni ortodossi che, non avendo altre possibilità, vengono alla nostra messa e vi partecipano con tutta la loro fede».

 

Celebrare la Messa in carcere

Ma che cosa significa celebrare e partecipare alla Messa in un carcere? «La stessa cosa che significa altrove, anche se ho l’impressione che chi partecipa qui lo faccia in maniera particolarmente sentita. Soprattutto nel momento dell’omelia, ho la sensazione che “mangino” con gli occhi ogni parola che esce dalla mia bocca. E questo mi fa sentire in modo molto forte la responsabilità di celebrare nella maniera più vera possibile. Anche perché se non sei “vero” con un detenuto, lui se ne accorge subito. Tutti speriamo in un cambiamento e in questo il fattore religioso fa la differenza, in un detenuto come in qualsiasi cristiano».

Dunque, nei due anni scorsi non si erano potute celebrare le Messe di Natale e Pasqua con l’Arcivescovo, che tuttavia aveva voluto incontrare personalmente nelle celle i detenuti che lo desideravano, «una visita molto apprezzata », sottolinea don Marano, aggiungendo che però «abbiamo sofferto tutti la mancanza degli appuntamenti a Natale e a Pasqua con mons. Mazzocato, cui eravamo abituati. Sarà bello poterli riprendere quest’anno».

 

Tratto dal settimanale diocesano “La Vita Cattolica” di mercoledì 6 aprile 2022

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