In prossimità della festa di San Marco tornano gli antichi riti delle Rogazioni

Riti antichi che ritornano e risvegliano sentite pratiche di devozione andate quasi perdute. È il caso delle Rogazioni, un’usanza a lungo trascurata, ma di recente riportata alla luce e vissuta con sempre crescente partecipazione anche in Friuli, in particolare nei piccoli borghi, nel giorno di San Marco (25 aprile) e in prossimità dell’Ascensione.

Tratto da «La Vita Cattolica» del 19 aprile 2023

Di stazione in stazione, le processioni oranti si snodano nelle campagne, sui prati, accanto ai corsi d’acqua, ripercorrendo itinerari antichissimi, al canto delle litanie e dei Vangeli, e invocando in particolare la buona riuscita delle semine, ma anche la buona salute e la pace.

 

Le principali celebrazioni

La più grande e nota rogazione, sul nostro territorio, è quella che si vive nella solennità dell’Ascensione a San Pietro in Carnia (Zuglio), caratterizzata anche dal plurisecolare rito del Bacio delle croci, l’incontro e bacio simbolico tra le croci filiali della pieve di San Pietro, decorate con fiori e nastri colorati. Ce ne sono però altre che ogni anno richiamano moltissimi fedeli. Tra queste quella che si vivrà martedì 25 aprile (cosiddetta “rogazione maggiore”) al Monte Matajur, nelle Valli del Natisone. Parte dalla chiesa di Tercimonte al mattino presto e percorre tutte le comunità del monte Matajur, in ciascuna delle quali si ferma per la preghiera e un momento di refezione e di condivisione, per concludersi verso le 14 del pomeriggio. Domenica 30 aprile, invece, si tiene in Carnia la Rogazione della pieve di Gorto (nella foto, l’edizione 2022), rito antico, molto partecipato e sentito: raccoglie tutte le comunità cristiane un tempo dipendenti dalla pieve di Santa Maria di Gorto ed è itinerante: quest’anno si terrà a Rigolato.

 

«A peste, fame et bello»

Don Loris Della Pietra, direttore dell’Ufficio liturgico diocesano

«Le Rogazioni nascono a Roma nell’Alto Medioevo come celebrazioni penitenziali nella forma della litania – spiega il direttore dell’Ufficio liturgico diocesano don Loris Della Pietra al settimanale “La Vita Cattolica” –. Alle invocazioni dei santi si sono aggiunte poi invocazioni più specifiche rivolte al Signore (per essere salvati, tutelati, liberati nel cammino della vita) e ad un certo punto questa forma celebrativa viene trasportata nelle Gallie, dove sposa un’altra dimensione, quella itinerante e di propiziazione dei raccolti».

Mentre si cantano le litanie, quindi, ci si sposta, e in particolare lo si fa in mezzo ai campi, in quei luoghi che sono oggetto e destinatari della preghiera. Le Rogazioni si fanno infatti normalmente in primavera, nel periodo della semina. Diventano così anche preghiere propiziatorie: di richiesta o di affidamento a Dio del proprio lavoro e dei cicli della natura. «Sono preghiere di intercessione – precisa don Della Pietra – , si prega cioè per qualcuno, per qualche situazione o per avere qualche beneficio: il raccolto, la pioggia, il bel tempo, o per essere liberati da qualcosa. “A peste, fame et bello” (“dalla peste, dalla fame e dalla guerra”)».

«Nella Rogazione ci si mette in cammino dietro ad una croce ed anche questo è un elemento fortemente simbolico – continua il direttore dell’Ufficio liturgico diocesano –. Ad un certo punto ci si ferma e chi presiede la preghiera, dopo aver letto un brano del Vangelo, innalza a Dio le invocazioni e conclude benedicendo con la croce i quattro punti cardinali; quasi a disegnare una nuova prospettiva del mondo sulla misura della croce di Cristo. La croce è il riferimento, la direzione della nostra vita».

Perché il fascino, ancora così attuale, delle Rogazioni? «Perché mettono insieme la terra e il cielo – risponde don Della Pietra –, sono un impasto di umano e divino. E pure il crescente interesse per la dimensione ecologica, registrato negli ultimi anni e ribadito anche nel magistero di Papa Francesco, ha aiutato a custodire questa forma di preghiera in tante comunità». «Con le nostre teorie (e anche con le teologie) possiamo volare in alto quanto vogliamo, ma se dimentichiamo il radicamento alla terra, ai suoi bisogni, alle sfide e alle battaglie della vita quotidiana, il rischio è che la fede non riesca a condire e a trasformare davvero la nostra vita – conclude il sacerdote –. Da qui, probabilmente, anche il crescente interesse registrato negli ultimi anni per la preghiera delle Rogazioni: una preghiera che collega le nostre esigenze più terrene al riferimento unico a Dio come salvatore della vita è qualcosa che difficilmente può morire».

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