«Generato, non creato, della stessa sostanza del Padre». Queste e altre parole, parte della professione di fede detta, appunto, niceno-costantinopolitana, si pronunciano da millesettecento anni in tutto il mondo cristiano. Giungono direttamente dall’anno 325, quando l’allora imperatore romano Costantino indisse il primo Concilio ecumenico cristiano. La città scelta fu Nicea, a pochi chilometri da Costantinopoli (l’attuale Istanbul, in Turchia).
Un evento, quel Concilio, celebrato ancora oggi in tutte le chiese cristiane. L’Arcidiocesi di Udine, per l’occasione, proporrà martedì 20 maggio alle 18 nel centro culturale “Paolino d’Aquileia” di via Treppo 5/B, a Udine, un convegno ecumenico intitolato «1700 anni dal concilio ecumenico di Nicea, fonte della comune fede cristiana».
L’intervento dell’arcivescovo mons. Riccardo Lamba aprirà i lavori assembleari, che proseguiranno poi con l’alternanza di tre voci: S.E. Athenagoras di Terme, vescovo del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli; il pastore Peter Ciaccio della Chiesa Evangelica Metodista di Trieste e il prof. Alessio Persic, docente di patrologia allo Studio teologico interdiocesano e Istituto superiore di Scienze religiose di Gorizia, Udine e Trieste. A moderare l’incontro sarà il diacono Marco Soranzo, responsabile del Servizio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso dell’Arcidiocesi di Udine, realtà che promuove il convegno. La partecipazione è libera e gratuita.
Al Concilio di Nicea è stata dedicata anche la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani celebrata nel gennaio scorso.
🔽 Locandina del convegno (JPG)
Il Concilio di Nicea
Tenutosi nel 325, appena 12 anni dopo l’editto di Costantino, fu il primo concilio ecumenico cristiano e fu convocato e presieduto dallo stesso imperatore Costantino. Intento principale dell’assise, svoltasi appunto nella città di Nicea, in Asia minore, era ristabilire la pace religiosa e raggiungere l’unità dogmatica, minata da varie dispute, in particolare sull’arianesimo. Non va nascosto un intento politico, dal momento in cui i forti contrasti tra i cristiani indebolivano anche la società e, con essa, lo Stato imperiale romano.
Il concilio ebbe inizio il 20 maggio del 325 e vi presero parte circa 300 vescovi (su circa 1800), provenienti per lo più dalla parte orientale dell’Impero.
A livello teologico, scopo del concilio era rimuovere le divergenze sorte inizialmente nella Chiesa di Alessandria d’Egitto e poi diffuse largamente, in merito alla natura di Cristo in relazione al Padre; in particolare, se egli fosse “nato” dal Padre e così della stessa natura eterna del Padre o se invece, come insegnava Ario, egli fosse stato “creato” e avesse così avuto un inizio nel tempo. Con un’amplissima maggioranza si arrivò a una dichiarazione di fede, che ricevette il nome di Simbolo niceno o credo niceno. Il simbolo, che rappresenta ancora oggi un punto centrale delle celebrazioni cristiane, stabilì esplicitamente la dottrina dell’homooùsion, cioè della consustanzialità del Padre e del Figlio: nega che il Figlio sia creato (genitum, non factum), e che la sua esistenza sia posteriore al Padre (ante omnia saecula). In questo modo, l’arianesimo fu negato in tutti i suoi aspetti.
Inoltre, venne ribadita l’incarnazione (con nascita verginale), morte e resurrezione di Cristo, in contrasto alle dottrine gnostiche che arrivavano a negare la crocifissione.
Un’ulteriore decisione del concilio fu stabilire una data per la Pasqua, la festa principale della cristianità. Il concilio stabilì che la Pasqua si festeggiasse la prima domenica dopo il plenilunio successivo all’equinozio di primavera, in modo quindi indipendente dalla Pesach ebraica: ancora oggi le tre grandi confessioni cristiane – cattolica, riformata e ortodossa – seguono i dettami del Concilio di Nicea, differenziando tuttavia il calendario su cui calcolare il giorno esatto della celebrazione pasquale.
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