Anche in Diocesi una giornata di preghiera per la pace in Congo e Sud Sudan

Venerdì 23 febbraio dalle 9 alle 21.30 sarà possibile raccogliersi in preghiera nella Cappella dei Missionari Saveriani, in via Monte San Michele n° 70. Anche la Chiesa udinese dunque raccoglie l’appello di Papa Francesco a pregare per le popolazioni della Repubblica Democratica del Congo e del Sud Sudan.

Anche la Chiesa udinese aderisce alla Giornata di preghiera per la pace in Congo e in Sud Sudan che si celebra venerdì 23 febbraio. L’iniziativa rivolta a tutti i fedeli, è stata indetta da Papa Francesco durante l’Angelus di domenica 4 febbraio (qui il testo integrale), proponendola anche ai cristiani delle altre Chiese e ai seguaci delle altre religioni. A Udine, dunque, venerdì 23 febbraio dalle 9 alle 21.30 sarà possibile raccogliersi in preghiera nella Cappella dei Missionari Saveriani, in via Monte San Michele n.70. Saranno benvenute sia persone singole che gruppi.

 

L’iniziativa – promossa in particolare dai Missionari Saveriani e dal Centro Missionario Diocesano  – sollecita ognuno a rispondere all’appello del Papa:  «Dinanzi al tragico protrarsi di situazioni di conflitto in diverse parti del mondo – ha detto domenica 4 febbraio -, invito tutti i fedeli ad una speciale Giornata di preghiera e digiuno per la pace. La offriremo in particolare per le popolazioni della Repubblica Democratica del Congo e del Sud Sudan». Con queste parole il Santo Padre ha dunque richiamato l’attenzione del mondo intero su queste terre in cui i diritti umani sono violati ogni giorno. Il Congo è tra i paesi con il numero maggiore di sfollati in Africa: da una parte accoglie migliaia di persone provenienti dal Sud Sudan e dalla Repubblica Centrafricana, dall’altra tanti congolesi cercano pace in Angola, in Uganda, in Burundi. La Repubblica Democratica del Congo, geograficamente al centro del continente africano, secondo paese più grande dell’Africa, circa 80 milioni di abitanti (più della metà cristiani), si trova al centro anche dell’attenzione delle multinazionali in quanto ricchissimo di risorse: oro, diamanti, rame, coltan (minerale indispensabile per il funzionamento di smartphone e computer, qui un reportage del Corriere della Sera), petrolio, acqua, legno pregiato. Ricchezze che dovrebbero essere una benedizione per il popolo congolese si sono, invece, trasformate in “maledizione” per la violenza provocata dai meccanismi di sfruttamento del mercato internazionale e per la corruzione dei governi.

 

Il mandato del Presidente Joseph Kabila è scaduto dal 2016. Per evitare spargimento di sangue, la Chiesa Cattolica ha guidato il dialogo tra il governo e l’opposizione arrivando ad un accordo che permetteva al Presidente di rimanere in carica fino a nuove elezioni, entro il 31 dicembre 2017. Cosa non avvenuta. A questo punto, il Comitato Laico di Coordinamento (CLC), un gruppo di laici cattolici riconosciuto dall’Arcidiocesi di Kinshasa, ha invitato i fedeli a marciare per chiedere il rispetto degli accordi. La prima marcia è avvenuta il 31 dicembre 2017, la seconda il 21 gennaio e la prossima sarà il 25 febbraio. La reazione delle forze dell’ordine è stata violenta: gas lacrimogeni sono stati lanciati persino dentro le chiese e picchiati i fedeli in preghiera. Tanti morti. Tanti feriti. Quella del Congo non è una guerra civile e di sfruttamento. La giornata di digiuno e preghiera sia per tutti un momento di riflessione seria sugli stili di vita, su cosa compriamo, a chi lo compriamo, chi sosteniamo. Il sangue dei fratelli interpella tutti a spezzare le catene dell’ingiustizia. 

Nella foto, Una delle chiese di Kinshasa dopo le manifestazioni del gennaio scorso  (AFP or licensors).

 

 

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