Omelia di Pasqua, l’Arcivescovo: «Minacce tra nazioni lasciano con l’animo inquieto, per la pace il lievito nuovo dell’amore di Gesù»

Gesù, morendo in croce e risorgendo, ha portato in mezzo alla malvagità degli uomini «un lievito nuovo», «lo spirito dell’amore», l’unico in grado di battere il veleno del peccato che «porta a non capirsi più» come «succede nelle famiglie, come succede, anche in questi giorni, tra nazioni con reciproche minacce che lasciano tutti con l’animo inquieto». L’ha detto l’Arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato nell’omelia della messa di Pasqua, celebrata questa mattina, 16 aprile, in cattedrale.

 

Gesù, ha detto l’Arcivescovo, «è il Figlio di Dio venuto tra noi uomini per inaugurare la nuova Pasqua; cioè, il nuovo passaggio dalla schiavitù alla libertà. Questo passaggio lo vive lui, per primo. Lo comprendono, il mattino di Pasqua, Maria Maddalena, Pietro e Giovanni quando entrano nel sepolcro in cui il corpo crocifisso del loro maestro era stato deposto».

 

L’evangelista Giovanni, ricordando il momento in cui vide il sepolcro vuoto scrive «Vidi e credetti». Egli, ha proseguito mons. Mazzocato, comprese che Gesù «aveva mantenuto la sua promessa ed era risorto il terzo giorno. Comprese che aveva compiuto la grande Pasqua, il nuovo passaggio dalla schiavitù alla libertà. Non aveva sconfitto il potere di un padrone come Dio aveva fatto per gli ebrei liberandoli  dagli egiziani. Aveva affrontato sul suo corpo crocifisso il potere del padrone più cinico e implacabile che domina ogni uomo e che si chiama male e morte. Aveva aperto la strada della vera e definitiva libertà lasciando, risorto, il sepolcro, regno della morte».

 

La resurrezione così appare come l’apertura di «una nuova strada di speranza» che l’apostolo Paolo, nella seconda lettura della liturgia pasquale, definisce lievito. «L’apostolo – ha spiegato mons. Mazzocato – osservando l’umanità, la vede come la pasta in cui è stato introdotto un lievito corrotto, un lievito di “malizia e perversità”. L’immagine è molto realistica perché è evidente anche a noi che tra gli uomini continua ad agire una specie di veleno che intossica i rapporti, da quelli affettivi e familiari a quelli internazionali. Esso porta a non capirsi più, rende l’altro un avversario, spinge allo scontro reciproco. Succede nelle famiglie come succede, anche in questi giorni, tra nazioni con reciproche minacce che lasciano tutti con l’animo inquieto. Questo veleno maligno si chiama peccato ed è guidato dall’istinto a far del male fino anche  alla morte».

 

Gesù, invece, «ha portato tra noi uomini un lievito nuovo che viene dal cuore di Dio ed è lo spirito dell’amore», «lo ha portato fin dentro la morte, morendo per amore e perdonando tutti. Questo lievito dell’amore alla fine ha vinto il male e la morte e Gesù è risorto».

 

Questo lievito nuovo, ha concluso l’Arcivescovo di Udine, Gesù continua a donarlo a chi crede in lui: «Quanto bisogno c’è di questo lievito nuovo che disintossichi gli uomini da quello corrotto della malizia e della perversità! Quanto bisogno abbiamo di persone che hanno il cuore “lievitato” dallo spirito dell’amore di Gesù che nel giorno di Pasqua ha vinto anche la morte! In questa S. messa chiediamo a Gesù la grazia di essere tra coloro che portano in mezzo agli altri il lievito buono, dell’amore, della Pasqua». 

Qui il testo integrale dell’omelia. 

Articolo a firma di Stefano Damiani tratto dal sito internet del settimanale diocesano «La Vita Cattolica».

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