«Gesù in croce trasforma le sofferenze da negative in positive»

Un invito forte ad andare ai piedi della Croce di Gesù, perché è il luogo dove « possono trovare un senso alla sofferenza le sorelle e i fratelli che si trovano nella prova della malattia, della debolezza, della vecchiaia», il luogo dove «le sofferenze di noi uomini vengono trasformate da negative a positive». Queste le parole pronunciate – in una Cattedrale gremita – dall’Arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, oggi, martedì 11 febbraio, nell’omelia della Santa Messa celebrata in occasione della 22ª Giornata mondiale del malato che Papa Francesco ha voluto intitolare «Fede e carità: anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1Gv 3,16). E un esempio di questa possibile trasformazione della sofferenza ai piedi della Croce, mons. Mazzocato l’ha ritrovato nella storia di una donna friualana, la venerabile Concetta Bertoli, che la Diocesi di Udine ha annoverato tra i «Testimoni di speranza», nell’omonima recente pubblicazione. 

«Concetta Bertoli – ha sottolineato l’Arcivescovo – è stata una grande testimone di che cosa significhi che sotto la Croce di Gesù la sofferenza da negativa diviene positiva. Iniziò ad essere provata dalla malattia ad appena 16-17 anni, e proprio a Lourdes visse un passaggio fondamentale della sua passione, chiedendo la grazia, quando non poteva nemmeno più aprire la bocca, di poter almeno ricevere l’eucarestia, e quella grazia le venne concessa».
Ma sotto la Croce c’è anche molto altro, perché proprio lì, ha aggiunto il presule, «noi possiamo anche scoprire che nel volto delle sorelle e dei fratelli sofferenti c’è il volto di Gesù. Quanti stanno bene – e possono dedicarsi al sostegno dei fratelli infermi, malati, deboli -, vedono il vero volto di chi soffre: il volto di Gesù. Proprio da qui sono nate, nella Chiesa, tutte le grandi realizzazioni di carità per gli infermi, i disabili, gli anziani: i grandi santi della carità vedevano il volto di Gesù crocifisso nel volto di tanti fratelli e sorelle».
E guardando al futuro ha concluso: «Solo così avremo volontari che si dedicano ai sofferenti e ai malati, finché ci sono cristiani che vedono nel volto del fratello e della sorella il volto di Gesù sofferente. Il volontariato cristiano nasce da questa fede, fede che diventa carità, come ci indica Papa Francesco. Il futuro del nostro volontariato per i malati, dunque, non sta nell’organizzazione, anche se necessaria, ma nell’avere cristiani che ancora vedono nel malato il volto di Gesù crocifisso. Questo significa che le nostre benemerite associazioni, prima fra tutte l’Unitalsi, avranno giovani che aderiscono nella misura in cui coltivano questa spiritualità, una spiritualità che si vive sotto la croce».

Da La Vita Cattolica

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