Monternars e Venzone ricordano mons. Faustino Lucardi, martire della resistenza

giovedì 23 Aprile

Faustino Michele Gioachino Lucardi-Carlìns nasce in borgo Capovilla il 29 settembre 1896 – racconta l’archivista, Benito Tonello – e viene battezzato il giorno successivo. È ordinato prete l’8 luglio 1923. Viene nominato Pievano di Venzone il 1° aprile 1937. Il 3 maggio 1945 viene ucciso dalle SS tedesche.

Annota il cappellano, don Tullio Quagliaro: «Giorno di angoscia e di dolore. Don Faustino Lucardi, viene proditoriamente assassinato dalla SS tedesca. Il ricordo di questo parroco resterà caro e memorabile per tutta la popolazione di Venzone. Egli era davvero il buon Pastore, che dà la vita per le sue pecorelle. Aveva tanto fatto per salvare dal disastro la popolazione di Venzone; aveva raccomandato di non spargere sangue e rimase lui steso vittima. Certamente il suo supremo sacrificio ha salvato Venzone».

Una ricostruzione dei fatti la fornisce un capitolo del libro di F. Cargnelutti, Preti patrioti, Agraf, Udine, 2001 dal titolo «Il sacrificio di mons. Faustino Lucardi, Pievano di Venzone». Il 29 aprile 1945 Lucardi riceve l’invito da parte dei tedeschi di recarsi ai Rivoli Bianchi. La comunicazione è breve e decisa: «Se i partigiani non lasceranno il passaggio alle truppe germaniche e non libereranno i 72 tedeschi dell’Enzian (addetti ai lavori di fortificazione) fatti ieri prigionieri, si comincerà immediatamente a bombardare il paese». Il pievano non se lo fa ripetere e, lui che è «osovano», corre dai partigiani. Le condizioni vengono accettate ed il paese è salvo. Il nemico però, non mantenendo i patti, circonda l’abitato, preleva una quarantina di ostaggi, li allinea al muro sulla strada nazionale e proclama che se si fosse sparato anche un solo colpo di fucile contro le truppe di passaggio, tutti gli ostaggi sarebbero stati passati per le armi. E Monsignore s’interpone ancora in nome delle famiglie angosciate presso i patrioti, ottiene la cessazione completa del fuoco, in modo che i poveretti vengono rilasciati verso le diciassette. Arriva, in un crescente clima di paura, il 3 maggio. In via di Albertone del Colle, verso le 12, due soldati armati chiedono a mons. Lucardi se sappia parlare tedesco o francese, ed alla sua risposta negativa gli domandano del podestà. Ma nessuno autorità civile si trova in paese. Allora, alla richiesta di «dokumenten!» egli presenta salvacondotto rilasciatogli il giorno antecedente ed essi, afferratolo, glielo stracciano in viso. Poi segue i due soldati verso il Duomo forse chiedendo spiegazione del fatto. Sulla porta incontra il maggiore delle Ss e si ferma a parlare con lui. Dopo un po’ entrano in chiesa assieme. (Lì vicino, si trovavano in quel momento accanto a una macchina tutti gli altri ufficiali). Dentro il tempio il comandante porge al Monsignore un foglio che egli legge rapidamente… Dopo la lettura guarda in faccia il comandante indi abbassa gli occhi visibilmente turbato. Il maggiore, essendosi accorto che il gesto era stato osservato da una donna, impone al pievano di ordinare alla stessa e a quelli che s’erano rifugiati nel campanile, di ritornare alle proprie case. Mentre tutti se ne vanno dalla porta centrale, monsignore e l’ufficiale escono dalla porta di mezzogiorno e si dirigono verso la via Albertone del Colle che in quel tratto costeggia le mura ed è solitaria. Percorso un centinaio di metri, il maggiore, estratta la rivoltella, gli spara addosso: alla nuca, alla testa e ad una spalla. Monsignore cade senza mandare un grido. Alle 15.30 viene pure ucciso il sacrestano. Dopo questi fatti, Venzone viene quasi completamente abbandonato.
23/04/2015 16:20
23/04/2015 16:20
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