«Le persone, quando ci accostano, si aspettano di trovare in noi la luce serena della speranza e si allontanano amareggiate se respirano nel loro parroco l’aria greve della tristezza e della rassegnazione. A un pastore nella Chiesa, non è lecito essere disfattista; deve avere una parola che rincuora le pecore e una grande forza interiore per sostenerle nei momenti di prova. È la forza della speranza». Questo il messaggio centrale dell’omelia dell’Arcivescovo di Udine nella Messa del Crisma che, nella mattina di giovedì santo, ha concluso solennemente il tempo spirituale della Quaresima.
La Messa Crismale è un passaggio fondamentale dell’anno liturgico, nel quale tutto il clero (vescovi emeriti, sacerdoti e diaconi) insieme a i fedeli laici si stringe attorno al Pastore della Chiesa diocesana. Un significato sottolineato anche da mons. Andrea Bruno Mazzocato nella sua omelia: «In questa S. Messa del Crisma, il Signore Gesù ci riunisce con la stessa passione di amore con cui raccolse attorno a sé gli apostoli nell’Ultima Cena: “Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi”. Abbiamo risposto all’invito del Signore e siamo qui a pregare unanimi per tutta la nostra Chiesa di Udine. Siamo qui a pregare in particolare per i vescovi e i sacerdoti che Gesù, durante l’Ultima Cena, ha donato alla Chiesa perché essa possa vivere. Tra poco noi, vescovi e sacerdoti, rinnoveremo le promesse che abbiamo fatto al momento della nostra ordinazione. In quel momento inviterò voi, diaconi, consacrate e fedeli laici, a invocare lo Spirito di Dio perché ravvivi nei nostri cuori il dono che abbiamo ricevuto con l’imposizione delle mani».
Rinnovare i propri impegni sacerdotali è sempre importante, tanto più oggi che «viviamo un momento della missione della Chiesa che è tanto stimolante quanto impegnativo. Per questo, i vescovi e i sacerdoti, chiamati a continuare tra gli uomini l’opera di Gesù, Buon Pastore, hanno bisogno di tante grazie dello Spirito Santo. Tra queste grazie, c’è certamente la virtù della speranza».
Mons. Mazzocato ha richiamato un passo della sua ultima lettera pastorale «Cristo nostra speranza»: «I cristiani sono sempre stati contagiosi per la loro speranza. La loro serenità forte e profonda attira i non credenti verso la Chiesa che è e deve essere la casa della speranza» (n. 36). Ma non è certo una virtù facile, quella della speranza: «Confesso con sincerità che non lo è, per lo meno, per me – ha evidenziato l’Arcivescovo -. Quasi ogni mattina mi ritrovo in cappella a pregare e meditare la Parola di Dio proprio per affrontare la giornata con un supplemento di speranza che mi apra il cuore verso le persone che incontrerò, che mi illumini nelle decisioni da prendere, che mi dia serenità e costanza dentro le tante difficoltà che non hanno immediata soluzione».
Ed ecco quindi la fondamentale importanza della vita spirituale: «Quando dedico tempo mattutino di raccoglimento silenzioso alla preghiera e alla meditazione paziente della Parola di Dio – ha raccontato mons. Mazzocato -, vedo che durante il giorno la mente e il cuore non si smarriscono dentro alle tante situazioni precarie e agli apparenti fallimenti che oggi non sono risparmiati ai vescovi e ai sacerdoti. Con mia sopresa non vien meno una serenità profonda. Lo Spirito Santo mi sostiene con la grazia che diede ad Abramo: quella di “sperare contro ogni speranza”. Riconosco che il Signore Gesù mi sta guidando dentro un’avventura straordinaria: l’avventura della speranza, di una speranza, però, che è più grande di ciò che la mia mente può capire e prevedere e che il mio cuore può reggere; una speranza che è dono che lievita dal profondo della mia coscienza, là dove agisce lo Spirito Santo».
C’è quindi la grande consapevolezza che «il ministero di vescovo nella Chiesa di Udine non dipende principalmente dalle mie risorse personali ma da quanto so vivere la speranza, seminando sempre dentro questa Chiesa e in mezzo ai fratelli la Parola di Dio, la preghiera, piccole e quotidiane gocce di amore, di pazienza, di conforto, di comunione. Seminare sempre, in speranza, senza essere troppo condizionato dai risultati, dall’accoglienza che ricevono i miei sforzi. Ringraziando con gioia quando è dato anche a me di vedere le spighe di buon grano».
Ecco quindi, il segreto del servizio cristiano: sentirsi, come dice il Vangelo (Lc 17,10) servi inutili ma necessari per i fratelli: «Il Regno di Dio sta crescendo con i suoi tempi che non sono i tempi delle mie attese e in mezzo alla zizzania che a volte nasconde il buon grano. A me è stata data la grazie essere coinvolto nell’avventura del Regno di Dio che ha vinto con la morte e risurrezione di Gesù; essere coinvolto come un servo che si nutre di speranza e, per questo, è “fidato e prudente” nei giorni facili e nei giorni oscuri», ha concluso mons. Mazzocato.
Nel corso della celebrazione sono stati festeggiati i giubilei di sacerdozio di 18 presbiteri del clero diocesano. Spiccano il 65° di servizio sacerdotale di mons. Francesco Frezza, don Secondo Miconi, don Agostino Plazzotta, don Angelo Tam, don Antonio Vale. Festeggiano 50 anni di sacerdozio don Alessandro Belliato, don Giuseppe Brollo, don Pier Paolo Costaperaria, don Luigi Del Giudice, don Luigi Fabbro, don Vittorino Ghenda, mons. Giulio Gherbezza, don Silvano Nobile, mons. Giuseppe Peressotti, don Mario Piccini e mons. Igino Schiff. Sono arrivati al traguardo del 25° di sacerdozio don Roland Kulik e don Cristiano Samuele Zentilin.
Per approfondire:
- Articolo originale, tratto dal sito de “La Vita Cattolica”.
- Testo integrale dell’omelia dell’Arcivescovo.
- Le immagini della celebrazione, dal sito de “La Vita Cattolica”.
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