
La presenza di immigrati nel territorio della Diocesi, osserva mons. Fabris, ha fatto sì che i rapporti con i praticanti di diverse confessioni siano quotidiani: «Li incontriamo nei nostri paesi, nel lavoro, nelle nostre scuole». Da qui l’«urgenza» di proseguire con impegno «un cammino di approfondimento di conoscenza» e anche «di ritrovare l’unità, nelle cose essenziali». Un’unità ormai spezzata da secoli, che nel corso della storia è stata spesso causa di conflitti e di sofferenze, e che «non è una bella testimonianza di fronte al mondo – prosegue mons. Fabris –. Soprattutto, oggi, di fronte al mondo islamico che, non nella sua totalità, ma in alcune frange è molto violento e si presenta come una minaccia nei confronti dei cristiani, senza distinzione tra cattolici, ortodossi, riformati, protestanti».
Un cammino, quello nella direzione della piena comunione, ancora in buona parte da percorrere. «Purtroppo, non si vede una coscienza piena dell’importanza di essere uniti e concordi», osserva mons. Fabris. Ecco, dunque, l’importanza della celebrazione di domenica e dell’intera «Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani» che si sta vivendo in tutte le comunità cristiane. Per «testimoniare insieme il Vangelo e riconoscere che l’unità, più che frutto di progetti, programmi e sforzi umani – che non devono venir meno – è un dono di Dio da invocare nella preghiera».
Il tema scelto quest’anno per la settimana – «Dammi un po’ d’acqua da bere» – è tratto da un testo del Vangelo di Giovanni in cui si racconta l’incontro di Gesù con la donna di Samaria presso il pozzo di Giacobbe. Un testo che, conclude mons. Fabris, «offre lo spunto per riflettere e pregare insieme sulle domande emergenti dagli esseri umani che soffrono anche per le violenze e le ingiustizie in alcuni casi motivate o giustificate in nome della diversa appartenenza religiosa».
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