«Non c’è pace se si vive senza Dio»

«Oggi siamo qui a pregare – ha proseguito – affinché il Signore cambi il nostro cuore, perché senza la sua Grazia non ce la facciamo».


Quindi l’invito dell’Arcivescovo a pregare per la pace con un messaggio che parta dal Friuli e arrivi in ogni angolo del mondo dove si soffre a causa della guerra. «Invito tutti, uomini e donne a essere testimoni di pace; questo si può fare solo se ci si rivolge con umiltà alla fonte della pace, cioè a Cristo. Oggi, e questo è il peccato originale, la società pensa invece, sbagliando, di poter fare senza Dio».


Mons. Mazzocato ha concelebrato la Santa Messa – accompagnata dai canti del Coro «Lis Vilis» di Coja e Sammardenchia – insieme a don Darius Klosinski, vicario parrocchiale di Tarcento e a mons. Duilio Corgnali, vicario foraneo della cittadina collinare che ha ricordato come quella di quest’anno sia la 24ª edizione della festa, nelle ultime divenuta un appuntamento esclusivamente di preghiera e di invocazione alla Madonna.

«Da quassù – ha detto mons. Corgnali – chiediamo soprattutto la protezione della Vergine affinché vegli su tutto il Friuli e oltre. Oggi preghiamo insieme perché abbiano fine tutti i focolai di guerra e invochiamo la pace nel mondo, un mondo che sta dimostrando che quando si allontana da Dio ingarbuglia la storia personale e anche quella collettiva».


Il piazzale della piccola chiesetta di Useunt, sulla strada che conduce alla sommità del monte Bernadia, ha accolto tantissime persone – e tra queste moltissimi bambini –, arrivate anche a piedi per stringersi attorno al proprio Arcivescovo rinnovando così un desiderio di pace.

 

Quella pace che, ha affermato Sergio Ganzitti, vice sindaco di Tarcento (presente alla cerimonia assieme a Lucio Tollis, assessore comunale alla Cultura della pace), «deve essere prima di tutto nelle nostre famiglie, nelle comunità e nei nostri paesi e che dobbiamo saper trasformare nel valore della solidarietà verso chi ci vive accanto e ha bisogno di noi, ma anche verso tutti gli scenari di guerra». Quella solidarietà, quel tendere la mano di cui i friulani sono particolarmente capaci che «non si ferma all’aiuto materiale, pur utile, ma è qualcosa che va al di là proprio perché parte dal cuore».

 

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