Il cappuccino Padre Elvio Battaglia nuovo parroco di Prepotto, Cialla e delle comunità dell’alta Val Judrio

Conoscere per amare: nel linguaggio semplice dei Cappuccini, che va al cuore come ha insegnato Francesco d’Assisi, padre Elvio Battaglia riassume così il suo programma pastorale come amministratore parrocchiale di Prepotto, Cialla e dell’alta Val del Judrio.
 
Chi è Padre Elvio Battaglia
Vicerettore del vicino santuario e della Casa per i pellegrini di Castelmonte appena dal settembre scorso, 56 anni, originario di Caselle di Altivole in provincia di Treviso, padre Elvio si sta ancora acclimatando in Friuli, ma sa di potersi appoggiare su una già lunga tradizione di presenza Francescana nella parrocchia di Prepotto. Il suo predecessore, padre Olindo Donolato, lo ha già introdotto nell’ambiente culturale e umano di questa ventina di comunità unite in un’unica parrocchia, di cui padre Elvio si dice molto affascinato. 
 
Le prime parole da parroco
«Per me la comunità di Prepotto è una assoluta novità – racconta padre Elvio -. Posso dire di conoscere un po’ il Friuli nel suo complesso, perché ne serbo anche un caro ricordo per aver svolto qui il servizio militare tra gli Alpini della Julia. In quei mesi ho davvero gustato un po’ del cuore friulano e ho anche stretto delle amicizie che durano da 30 anni». 

«Per ora posso solo dire che a Prepotto ci vado molto volentieri – spiega padre Elvio -. Ci vado con un sentimento di gratitudine verso padre Tarcisio, che ha retto la parrocchia per quasi 30 anni e verso padre Olindo che l’ha guidata negli ultimi 5-6 anni. So che si tratta di una realtà particolare, geograficamente frammentata e, con l’aiuto di Dio, spererei di creare famiglia, unità, nello spirito nostro francescano, nella semplicità della letizia. Quindi vorrei seminare l’unità, in punta di piedi, facendomi sentire vicino secondo quello che ha indicato Papa Francesco. Non ho mai fatto il parroco, ma assumo volentieri questo incarico. Un Francescano si trova naturalmente bene in queste comunità di periferia, non certo ricche materialmente. Non aspetterò la gente in canonica, ma mi farò vicino».

Comunità piccole, ma caratterizzate da una forte identità che vogliono mantenere anche dal punto di vista pastorale: «Garantirò il mio impegno con tutto quanto la disponibilità di un solo uomo può fare – evidenza padre Elvio -; non bisogna disperdere questa ricca identità. Ho già celebrato un funerale a Ciubiz, per esempio, con la sua chiesa antichissima, gelosamente conservata con i suoi lacerti di affresco. Nessuno vuole di certo accorpare queste comunità e renderle anonime, anche se non sempre e dappertutto si potrà garantire la Messa domenicale. Non sarebbe nemmeno, quest’ultima, la linea della Chiesa Udinese, affinché i pastori possano conservare un po’ di serenità e pace interiore, abbiano tempo per pregare, il centro della vocazione».
 
Articolo di Roberto Pensa, tratto dal settimanale “La Vita Cattolica” del 12 marzo 2015

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