Nella seconda domenica di Quaresima si è rinnovato l’appuntamento che vede in Diocesi l’armonioso intrecciarsi di arte e fede: si è infatti tenuto alle 17.00, in Cattedrale e Udine, il secondo «Quaresimale d’arte». «Abbiamo iniziato domenica scorsa – ha ricordato nella sua catechesi l’Arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato – a meditare su quattro situazioni della vita del cristiano nelle quali egli fa esperienza della speranza e cresce nella virtù della speranza. La prima situazione che abbiamo considerato è stata quella del perdono. Quando umilmente confessiamo a Gesù i peccati e riceviamo il suo perdono, il cuore si apre dalla tristezza di essere schiavi del male alla speranza di poter essere liberi di amare. Questa fu l’esperienza della donna adultera salvata dal perdono di Gesù».
Oggi, invece, la riflessione si incentrata su «una situazione molto comune nella vita di un cristiano: la preghiera». «In particolare – ha evidenziato l’Arcivescovo -, vediamo come la preghiera apre il cuore alla speranza». E facendo riferimento alle letture ha aggiunto: «Ci fa da guida un brano della lettera di San Paolo ai Romani nel quale l’apostolo parla dell’esperienza della preghiera che lo Spirito Santo dona a coloro che credono in Gesù e sono stati uniti a lui con il battesimo. Anche ad una prima lettura, salta subito all’occhio che, mentre parla di preghiera, Paolo nomina ripetutamente la speranza». Così mons. Mazzocato ha anche sollecitato i presenti «a pensare alla propria personale esperienza di preghiera per confrontarla con la Parola di Dio», chiedendosi se nella propria vita «sono presenti momenti, brevi o lunghi, di preghiera?». E ha insistito: «Come preghiamo? Certamente tutti facciamo anche fatica a pregare: da dove viene questa fatica? Che cosa ci frena?»
Facendo ancora riferimento al brano l’Arcivescovo ha poi proseguito: «San Paolo ricorda che è lo Spirito Santo che suggerisce al cristiano la preghiera. E’ la preghiera che Gesù ha insegnato e che lui stesso faceva. La grande novità della sua preghiera è la prima parola: “Abbà, Padre”. Paolo ha conservato anche il termine aramaico quando ci riportala viva voce di Gesù: “Abbà”. Questa era la parola dei bambini quando si rivolgevano al loro papà. Gesù ci ha insegnato a pregare come figli e come figli bambini che non dubitano mai che il loro papà non si interessi di loro. Essi lo chiamano spesso “abbà” e il cuore si riempie di gioia e di speranza perché si sentono al sicuro dentro il cuore del papà e tra le sue braccia. Qualcuno potrebbe obiettare che Gesù ha insegnato un modo di pregare infantile che non può adattarsi alle persone adulte. Non si tratta di una preghiera infantile, ma la preghiera di chi scopre la gioia di essere figlio di Dio Padre. E’ la preghiera di chi ha capito l’invito di Gesù: “Se non vi convertirete e non diventerete come bambini, non entrerete nel Regno dei cieli”. E’ una preghiera che porta un uomo a vivere sentimenti così grandi verso Dio che solo lo Spirito Santo più suggerirli; come Paolo ribadisce con insistenza. Per capire a quale maturità spirituale possa condurre pregare con i sentimenti e le parole di Gesù, basta leggere le testimonianze dei grandi santi e dei grandi mistici. Ricordo fra tutti, Francesco d’Assisi e santa Teresa del Bambini Gesù».
«Nel nostro tempo – ha concluso mons. Mazzocato – si è creata, poi, un’altra situazione che non esisteva al tempo di Paolo: è la condizione di chi vive come se Dio non ci fosse e, per questo, non prega più. Per chi ha il cuore muto perché non conosce più un Dio a cui affidarsi, la vita diventa ancora più pesante perché grava tutta sulle sue deboli spalle. Vivere, senza credere in Dio a cui affidarsi, diventa un mestiere troppo difficile ed è difficile trovare speranza. Per evitare il peso di questa vita viene spontaneo estraniarsi in evasioni varie. La grande novità della preghiera cristiana sta in quell’invocazione: “Abbà. Padre”. E’ l’invocazione che libera il cuore da ogni paura e lo riempie di speranza. Il cristiano non si sente abbandonato a lottare con le sue sole forze dentro la vita e neppure dominato dalla paura perché in balia di un Dio che è come un Destino cieco da cui non sa che cosa aspettarsi».
Ad accompagnare la meditazione ci sono stati il discanto aquileiese «Domus saltus Libani», e la Cantata BWV 172 «Erschallet, ihr Lieder, erklinget, ihr Saiten!» («Squillate, voi canti, risuonate, voi corde») di J. S. Bach, eseguiti dal Coro del Friuli Venezia Giulia (Maestro di concerto: Elia Macrì) e dall’Orchestra barocca su strumenti antichi.
Per approfondire:
- Articolo originale, tratto dal sito de “La Vita Cattolica”.
- Meditazione dell’Arcivescovo al secondo incontro dei “Quaresimali d’arte” 2014.
- Articolo sul primo Quaresimale d’arte, tenutosi domenica 9 marzo 2014.
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