L’Arcivescovo ai funerali di mons. Angelo Battiston: «È stato uomo e sacerdote di comunione»

«È stato uomo e sacerdote di comunione tra i fedeli a lui affidati nelle varie comunità che ha guidato, offrendo a tutti il suo cuore paterno, accogliente, comprensivo. Ha cercato di vivere la comunione anche tra i confratelli guardando al positivo con pazienza e carità, stemperando tensioni e malumori». Così l’arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, nell’omelia pronunciata nelle esequie di mons. Angelo Battiston, mancato martedì 20 dicembre alla Fraternità sacerdotale, svoltesi oggi, 22 dicembre nella chiesa parrocchiale di Sedegliano, suo paese di origine.

 

Numerose le comunità che il sacerdote aveva guidato dal 1957 al 2014: mons. Battiston iniziò, infatti, il suo servizio come cappellano all’Istituto per gli Orfani di Rubignacco, fino al settembre 1963, quando divenne cappellano di Cave del Predil. Nel giugno del 1973 venne nominato parroco di San Lorenzo di Soleschiano, successivamente, nel 1979 (e fino al ’93), parroco di Oleis. Nel 1988 (fino al 1993), inoltre, fu Vicario episcopale per i Religiosi. Successivamente, e per nove anni, fin al 2002, fu parroco di Manzano e curatore pastorale di Villanova del Judrio. Numerose le parrocchie di cui, tra il 1995 ed il 2002, fu amministratore: Dolegnano, San Giovanni, Corno di Rosazzo, Sant Andrat del Judrio. Inoltre dal 1993 al 2002 don Battiston fu Vicario foraneo di Rosazzo. Dal 2002 al 2011 fu parroco moderatore di Palazzolo dello Stella, Precenicco, Rivarotta, Muzzana del Turgnano; dal 2007 al 2011 parroco di Piancada. Infine, prima di ritirarsi alla Fraternità sacerdotale di Udine, dal novembre del 2011 al 1° marzo del 2014 è stato cappellano all’Ospedale di Latisana. E proprio rispetto a questo aspetto del suo ministero pastorale l’Arcivescovo ha evidenziato: «Non possiamo non riservare un cenno alla sua straordinaria disponibilità all’obbedienza. L’elenco degli incarichi che ha accettato di assumersi è veramente lungo e ci rivela sia la stima che riscuoteva, sia quanto don Angelo abbia vissuto un’esistenza sacerdotale intensa, senza risparmiarsi, senza mai tirarsi indietro. Il segreto di questa grande disponibilità alle richieste dei vescovi, è stato il suo profondo amore per la Chiesa e per la sua Chiesa di Udine; un amore che si è concretizzato nell’obbedienza serena, vissuta col cuore e col sorriso sulle labbra. È l’amore che aveva assorbito anche da Chiara Lubich e dalla passione di questa santa donna per Gesù e per l’unità tra i fratelli». 

 

Qui il testo integrale dell’omelia.

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