Dopo la Messa di sabato 1° febbraio – e la successiva preghiera di adorazione eucaristica che ha coinvolto numerosissime Collaborazioni pastorali del territorio diocesano – la Festa diocesana per la vita riprende con due nuovi appunamenti, entrambi domenica 23 febbraio ed entrambi nel centro culturale della Beata Vergine delle Grazie, in via Pracchiuso 21 (a Udine).
Alle 16.30 l’attrice Beatrice Fazi offrirà una testimonianza sulla vita a cui sono invitati soprattutto adolescenti e giovani, anche stavolta con la partecipazione dell’Ufficio di Pastorale giovanile. Seguirà un apericena.
Alle 20.30 il Centro culturale ospiterà lo spettacolo teatrale “Cinque donne del sud”. Lo spettacolo (nella foto una sua scena), della durata di un’ora e mezza, si sviluppa con una voce sola e cinque personaggi. Beatrice Fazi si immedesima in cinque donne, cinque caratteri, cinque generazioni. Il testo di Francesca Zanni, con un tono sempre in bilico tra il brillante e la commozione e uno sguardo fortemente ironico su chi siamo stati e chi diventeremo, ci racconta di come è cambiata la nostra vita: la coppia, il rapporto tra madri e figli, l’emancipazione femminile. Ma anche di come, nonostante tutti i progressi fatti, quando si parla di sentimenti, siamo sempre alle prime armi.
La trama della pièce teatrale
Dal 1887 al 2018, queste cinque donne ci portano per mano attraverso i grandi cambiamenti epocali, le abitudini e le superstizioni, le leggende e il folclore, viaggiando dal Sud Italia al Nuovo Mondo, attraversando grandi rivoluzioni, delusioni e speranze, passando dalla vita contadina a quella iperconnessa, avanzando verso un futuro che cambia e che le cambia.
E cambia anche la lingua che parlano, in un’evoluzione che attraversa generazioni e continenti: dal profondo Sud che usciva appena dal brigantaggio all’America degli emigranti e poi di Woodstock; dai primi movimenti di emancipazione della donna al vuoto di valori degli anni ’90 del novecento; dalla donna evoluta, indipendente e di successo che ha tre mariti e non ne indovina nessuno, fino alla ragazzina che ha già le idee chiare e quando rimane incinta decide di fare famiglia nonostante vada ancora al liceo.
La mamma meridionale, la ribelle femminista, la figlia dei fiori naif, la manager e l’adolescente nativa digitale: ognuna di queste donne ci fa conoscere un pezzo di storia, la sua personale ma anche quella del nostro Paese. Le loro conquiste le abbiamo vissute, le loro paure sono le nostre, la loro forza ci appartiene.
A fare da corollario al racconto, una scena fatta di proiezioni, attraverso cui lo scorrere del tempo sarà sempre tangibile, ricordandoci volti e fatti che fanno parte della memoria storica di tutti noi. Anche la colonna sonora attraversa tutto il secolo, dalla musica popolare di fine ‘800 al rap.
La scelta della scenografia è volutamente semplice a valorizzare testo e attrice. Unico elemento scenografico infatti è un baule, da cui escono abiti e oggetti che creano di volta in volta l’epoca in cui le cinque donne si muovono.
Queste cinque donne non si capiscono, ma in fondo si assomigliano. E scopriranno infine che il luogo da cui scappare diventa quello in cui tornare, perché le nostre radici sono importanti, anche quando vogliamo dimenticarle.
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