La speranza cristiana, luce che illumina la notte del dolore e della morte

Dopo aver preso in considerazione l’esperienza del perdono e della preghiera, il percorso dei Quaresimali dell’arte ha meditato una terza situazione di vita nella quale il cristiano può scoprire e vivere la virtù della speranza: i tempi della sofferenza. La meditazione dell’Arcivescovo di Udine è stata accompagnata dal discanto aquileiese «Sonet vox Ecclesiae» e dalla cantata Bwm 150 «Nach dir, Herr, verlanget mich» («A te Signore, io anelo») di J. S. Bach, eseguiti dal Coro del Friuli-Venezia Giulia (Maestro di concerto: Mirko Ferlan) e dall’Orchestra barocca su strumenti antichi.

«La vita, che un bambino riceve in eredità dai suoi genitori, ha dentro di sè anche i germi del dolore che, almeno parzialmente, gli rovineranno la bellezza e la gioia di vivere fine al triste epilogo della morte – ha evidenziato l’Arcivescovo -. Egli dovrà inevitabilmente passare per qualche forma di sofferenza o nel corpo a causa della malattia e della vecchiaia o nel cuore ferito da delusioni e distacchi affettivi o nell’anima provata dal fallimento di progetti e speranze. E non sempre il più lancinante è il dolore fisico».
 

Il dolore è una vera e propria sfida alla speranza perché rovina la gioia di vivere, che è il tesoro più prezioso che abbiamo: «Per vincere questa sfida e ritrovare speranza l’uomo tenta spontaneamente di evitare o di eliminare la sofferenza. È l’unica strada che conosce. Questo, purtroppo, non è sempre possibile perché il male è più forte di noi e quando lo subiamo nascono nella nostra mente le domande più impegnative: perché devo essere sfortunato e subire il dolore invece che star bene e gioire? Perché c’è il male che avvelena la vita personale e sociale? Che senso e speranza può avere un’esistenza segnata dalla sofferenza e dalla morte? Hanno affrontato questi grandi interrogativi tutte le religioni e le filosofie, cercando un senso e una luce che illumini la notte del dolore e della morte. Proprio dentro questa notte ha accettato di entrare anche Gesù per illuminarla di una speranza che poteva venire solo da Dio. Donando se stesso fino alla croce e vincendo la morte il mattino di Pasqua, Gesù ha portato la speranza dentro e oltre la morte. Su questa speranza ho scritto nella seconda parte della mia lettera pastorale: “Cristo, nostra speranza”», ha spiegato mons. Mazzoccato.
 

La virtù della speranza che chi crede in Gesù si ritrova nel cuore, per opera dello Spirito Santo non abbandona il cristiano neppure nel momento della prova e della morte, come testimonia San Paolo che loda e ringrazia Dio mentre è nella prova. Non certo per aver subito tante sofferenze, ma perché nei momenti di prova ha sentito crescere nell’animo la «consolazione» di Dio, Padre di ogni consolazione: «Come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione». La consolazione che ha vissuto nella sua Passione, Gesù l’ha donata al cuore del suo apostolo grazie al dono dello Spirito Santo che è il «Paraclito»; cioè, il «Consolatore». «Per questo Paolo vive dentro le tribolazioni sentendosi sostenuto da una profonda serenità e consolazione – ha evidenziato mons. Mazzocato -. Grazie a questa forza egli riesce a tenersi fedele alla missione di predicare il vangelo anche se il prezzo da pagare è la persecuzione fisica e morale fino al rischio della vita fisica».
 

Quando è vittima della sofferenza l’uomo tende a chiudersi in se stesso perché gli vengono meno le forze per aprirsi agli altri. Paolo, invece, può assicurare ai suoi cristiani: «Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio». «Pur in mezzo a tante prove non si chiude in se stesso – ha commentato l’Arcivescovo di Udine -; anzi, consolato da Gesù, trova la forza d’animo di consolare coloro che sono nel dolore. Come in Gesù, anche in Paolo trionfa l’amore, più forte del dolore e della croce e trionfa la speranza.
 

Mons. Mazzocato ha concluso la sua riflessione sulla speranza vissuta dentro la sofferenza, ricordando una donna friulana del secolo scorso che ha vissuto, come San Paolo, la consolazione di Cristo dentro una terribile croce: «È la venerabile Concetta Bertoli di Mereto di Tomba. Possiamo leggere un suo breve profilo nel libro:”Testimoni della speranza in Friuli”, pubblicato quest’anno. Incontreremo la straordinaria avventura cristiana di un’adolescente che, colpita da un’inguaribile malattia progressiva, dapprima rifiuta la prova e, poi, la vive come partecipazione alle sofferenze di Cristo. In lui trova la consolazione del cuore e l’amore per consolare chi era dentro la prova. Nella preghiera continua, offre la sua crocifissione in un letto di dolore per la conversione dei peccatori, per i sacerdoti, per la Chiesa».

 

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