Storia dell’Arcidiocesi

Breve descrizione storica dell’Arcidiocesi di Udine, dal Patriarcato di Aquileia alla Bolla Papale Iniuncta nobis di papa Benedetto XIV del 6 luglio 1751.

L’arcidiocesi fu eretta il 6 luglio 1751 con la bolla Iniuncta nobis di papa Benedetto XIV, con la quale il pontefice ratificava un accordo tra i governi austriaco e veneziano, che prevedeva la soppressione del patriarcato di Aquileia e la sua divisione in due nuove circoscrizioni ecclesiastiche: l’arcidiocesi di Udine, cui fu assegnata la giurisdizione sulle terre sotto il dominio della Serenissima; e l’arcidiocesi di Gorizia, cui toccarono le terre sotto il dominio asburgico.

Con la Iniuncta nobis perciò il papa soppresse il patriarcato e contestualmente eresse l’arcidiocesi di Udine. Questa decisione fu confermata dallo stesso papa con la bolla Suprema dispositione del 19 gennaio 1753, con la quale il pontefice definì tutte le questioni accessorie, tra cui le diocesi suffraganee della nuova sede metropolitana, ossia tutte quelle dell’antico patriarcato in territorio veneziano: Padova, Vicenza, Verona, Treviso, Vicenza, Ceneda, Belluno, Feltre, Concordia, Capodistria, Emonia, Parenzo e Pola.

Fu nominato primo arcivescovo il patriarca di Aquileia Daniele Dolfin, che mantenne anche il titolo di patriarca fino alla morte. Il 1º maggio 1818, in forza della bolla De salute Dominici gregis di papa Pio VII, Udine divenne semplice vescovato, soggetto alla sede metropolitana di Venezia. Il 30 aprile 1846 le parrocchie cadorine dei distretti di Pieve e di Auronzo furono staccate dalla diocesi di Udine ed aggregate alla diocesi di Belluno con la bolla Universalis Ecclesiae regimen di papa Gregorio XVI.

Papa Pio IX, anche per le sollecitazioni del cardinale Fabio Maria Asquini, con la bolla Ex catholicae unitatis del 14 marzo 1847 elevò nuovamente la diocesi al rango sede metropolitana senza suffraganee rendendola immediatamente soggetta alla Santa Sede. Il 20 febbraio 1932 in seguito alla bolla Quo Christi fideles di papa Pio XI incorporò il decanato di Tarvisio, che era appartenuto alla diocesi di Gurk e la parrocchia di Fusine in Valromana che era appartenuta alla diocesi di Lubiana.

In ricordo dell’antico patriarcato, l’arcivescovo di Udine ha il privilegio di indossare l’abito corale, lo zucchetto, la fascia e la filettatura della talare di un colore rosso abbrunato rispetto alla porpora cardinalizia (anche in seta moiré), detto “rosso patriarchino”. Lo stemma degli arcivescovi di Udine prevede il galero verde, foderato in rosso patriarchino.

Il Patriarcato d’Aquileia affonda le radici nell’importanza primaziale della Chiesa e della città di Aquileia, che per secoli fu il centro gravitazionale della provincia romana Venetia et Histria. La Chiesa in Aquileia si organizzò in modo definitivo perlomeno dalla metà del III secolo; fu qualificata da numerosi martiri, da vescovi insigni per santità e parola. Dal IV secolo in poi Aquileia, pur nel progressivo esautorarsi dell’impero romano, espresse una fervida e generosa vita cristiana, di cui furono protagonisti insieme con i santi vescovi Valeriano, Cromazio, anche note personalità come lo storico ed esegeta Rufino e il poliedrico Girolamo Quantunque non si conoscano esattamente quali siano stati i primordi del cristianesimo in Aquileia, il legame di comunione con la Chiesa di Roma e con l’impero romano d’oriente trova espressione in quella tradizione, accreditatasi dal VI secolo in avanti -da quando cioè la Chiesa aquileiese si era trasferita sulle lagune di Grado- che ne attribuisce l’evangelizzazione a san Marco, inviato nei territori dell’alto Adriatico dall’apostolo Pietro. Si narra che Ermacora su presentazione dell’evangelista Marco fu consacrato primo vescovo dallo stesso Pietro. Dopo il suo martirio assieme al diacono Fortunato è celebrato quale patrono della diocesi aquileiese.

Nei secoli successivi, e per oltre un millennio fino alla sua destituzione nel 1751, la Chiesa patriarcale di Aquileia -la cui diocesi si estendeva in territorio non solo italico, ma soprattutto in quello sloveno e in parte anche austriaco- fu centro di riferimento ecclesiale per numerose diocesi nell’Italia padana, tanto che Aquileia fu considerata la seconda Chiesa per importanza dopo Roma.

Dopo che gli Unni di Attila nel 452 distrussero la città romana, la sede patriarcale si trasferì a Grado. Successivamente le sorti della Chiesa aquileiese seguirono l’evoluzione complessa e drammatica dei regni e degli imperi che via via composero la fisionomia storica e politica di queste contese terre orientali d’Italia. Si determinò pertanto una Chiesa aquileiese marittima e lagunare, detta poi patriarcato di Grado che, gravitante dapprima verso l’impero bizantino, fu dal 1451 assorbito dalla potenza di Venezia e dette origine all’odierno patriarcato lagunare.

La Chiesa aquileiese del retroterra italico e alpino entrò, invece, a far parte dei territori dell’impero germanico. Dal 1077 parte del territorio diocesano fu organizzata in istituzione politico amministrativa che venne sopraffatta nel 1420 dalla potenza di Venezia. Varie furono le sedi del patriarcato di terraferma: dopo Aquileia, il castello di Cormòns, e quindi dal 737, durante il regno longobardo e l’impero franco, la città di Cividale; qui, su mandato imperiale, operò il santo patriarca Paolino.

Il patriarca Poppone, agli inizi dell’impero germanico, rinnovò Aquileia facendovi edificare il palazzo, dove i patriarchi e la loro curia risedettero fino agli inizi del XIII secolo.

Bertoldo di Merania nel 1222 trasferì definitivamente la sede a Udine, conservando però il titolo di Patriarca di Aquileia.

Insidiato dalle potenze esterne quali l’Austria, l’Ungheria, gli Scaligeri, i Veneziani, lo stato patriarcale fu conquistato dalla serenissima Repubblica di Venezia, per essere aggregato ai possedimenti veneti dal 1420 fino al 1797. L’autorità secolare del Patriarcato passò nelle mani delle magistrature venete riconoscendo al Patriarca la sola cura delle anime e il governo di alcuni feudi (San Vito, San Daniele e Trivignano).

L’ampia parabola del Patriarcato d’Aquileia conobbe il suo ultimo momento di gloria con i suoi due ultimi patriarchi Dionisio Delfino (1699/1734) e il cardinale Daniele Delfino (1734/1760). Il patriarca Dionisio si adoperò per dotare il patriarcato di una sede rinnovata adeguando architettonicamente l’edificio, affidando la decorazione ad affresco al giovane Giambattista Tiepolo, e soprattutto predisponendo una monumentale Biblioteca che dotò di 9000 volumi di vari argomenti su tutte le scienze allora coltivate. Successivamente, il nipote Daniele promosse l’istituzione dell’Archivio della Curia patriarcale e della costruzione di una sala annessa al Palazzo.

Pochi anni dopo, il 6 luglio 1751, la bolla pontificia Iniuncta nobis di Benedetto XIV soppresse definitivamente il Patriarcato d’Aquileia e al suo posto furono istituite l’Arcidiocesi di Udine, il 19 gennaio 1753, e quella di Gorizia, il 18 aprile 1752. I compiti pastorali furono dal papato assegnati all’arcidiocesi di Gorizia per la parte relativa al territorio imperiale, all’arcidiocesi di Udine per quella rientrante nei domini della Serenissima.

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