In preghiera per i Santi e i Defunti, nell’anno del Covid-19

L'Arcivescovo Mazzocato presiede i riti in Cattedrale e al Cimitero urbano. Don Loris Della Pietra: «L’occasione della solennità dei Santi e della memoria dei defunti ci offre l’opportunità di raccogliere insieme tutti coloro che ci hanno salutato e ora sono nella Patria eterna, in particolare coloro che per l’emergenza Covid abbiamo dovuto salutare in modo frettoloso e ancora più doloroso»

Acquisiscono, in questo 2020 drammaticamente segnato dalla pandemia di Covid-19, un significato ancor più intenso le celebrazioni che le comunità cristiane si apprestano a vivere in occasione di Ognissanti e della Commemorazione di tutti defunti, domenica 1° e lunedì 2 novembre. L’Arcivescovo, in particolare, presiederà la solenne liturgia di Ognissanti in Cattedrale alle 10.30 (in diretta su Radio Spazio e su Telefriuli) e alle 15 nel cimitero urbano la celebrazione dei Vespri. Lunedì 2 novembre, alle 19 in Cattedrale, la Santa Messa nella Commemorazione di tutti i fedeli defunti.

«Si chiama Commemorazione di “tutti” i defunti – spiega il direttore dell’Ufficio liturgico diocesano, don Loris Della Pietra – proprio perché nessuno viene dimenticato. L’occasione della solennità dei Santi e della memoria dei defunti ci offre l’opportunità di raccogliere insieme tutti coloro che ci hanno salutato e ora sono nella Patria eterna, i cui nomi sono custoditi nel cuore di Dio, e in particolare coloro che per l’emergenza Covid abbiamo dovuto salutare in modo frettoloso e ancora più doloroso». 

«Tutti i Santi quest’anno cade di domenica – prosegue il sacerdote – e ci riporta al vivo il mistero di Resurrezione del Signore, mistero di speranza nella quale contempliamo la gloria di tutti i Santi e anche la presenza viva dei nostri cari». La memoria dei defunti, il giorno successivo, sarà inevitabilmente collegata nella mente di molti ai volti e alle storie di vita dei tanti, anche friulani, ai quali è stata negata anche la possibilità di una celebrazione esequiale. «Le vicende dolorose della primavera scorsa hanno messo in luce una delle ferite della contemporaneità – osserva il direttore dell’Ufficio liturgico –: la rimozione della morte e con lei di tutto il bagaglio simbolico, dei linguaggi, della gestualità e delle parole con le quali la tradizione cristiana ha imparato ad affrontare e non eludere la morte. Dei mancati funerali dei defunti in tempo di Covid ci resta un grande senso di vuoto e l’incapacità di dire la morte con parole di cristiana speranza. Non abbiamo potuto salutare cristianamente chi ci ha lasciati anche in maniera dolorosa e improvvisa». 

Ecco quindi l’occasione per recuperare gesti e parole della tradizione cristiana. «La morte non è un incidente della vita, ma la porta che ci conduce alla vita vera, porta che dunque va attraversata con linguaggi, parole gesti silenzi, spazi, tempi, accurati. Le vicende dolorose della primavera scorsa credo ci possano insegnare questo. Alle famiglie che hanno dovuto salutare in modo frettoloso i loro morti è mancato qualcosa. L’occasione che ci viene offerta con le imminenti celebrazioni dell’1 e 2 novembre può essere un modo per sentire attorno a loro tutta la comunità cristiana che prega, intercede e accompagna, ancora una volta, questi defunti nell’abbraccio del Padre».

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