Chiesa udinese in preghiera per i missionari martiri

Appuntamento con la tradizionale veglia, venerdì 22 marzo alle ore 20.30 nella chiesa di Buttrio. A portare la propria testimonianza sarà padre Carlo Di Sopra, originario di Rigolato dal 1993 opera come missionario in Sierra Leone. Nel corso dell'incontro saranno i 40 missionari uccisi nel corso del 2018.

«Fedeltà alla gente a cui siamo mandati e al Vangelo che abbiamo ricevuto». Con questa frase padre Carlo Di Sopra riassume cosa significhi essere missionari. Originario di Rigolato, dal 1993 in Sierra Leone dove è stato a lungo superiore dei Saveriani, padre Carlo porterà la sua testimonianza alla Veglia diocesana in memoria dei Missionari martiri, venerdì 22 marzo alle ore 20.30 nella chiesa di Santa Maria Assunta a Buttrio. Durante la Veglia, animata dai cresimandi di Buttrio e Pradamano, si pregherà per tutti coloro che donano senza riserve la loro vita per il Vangelo. Come mons. Oscar Romero, vescovo di San Salvador, assassinato sull’altare il 24 marzo del 1980 per essersi schierato apertamente in difesa del popolo salvadoregno e proclamato santo da Papa Francesco lo scorso ottobre, in pieno Sinodo dei giovani.

40 missionari uccisi in un anno
Durante la Veglia verranno letti i nomi dei 40 missionari uccisi nel corso del 2018: in Africa 19 sacerdoti, 1 seminarista e 1 laica; in America 12 sacerdoti e 3 laici; in Asia 3 sacerdoti; in Europa 1 sacerdote. L’affermazione accorata di mons. Romero «Per amore del mio popolo non tacerò!» è ancora attuale per i missionari impegnati, in tutto il mondo, al fianco degli impoveriti, dei perseguitati, degli esclusi, degli oppressi.
«Essere missionari è vivere il dono della presenza», racconta Padre Carlo, che è rimasto accanto alla gente della Sierra Leone sia durante i dieci anni della guerra civile che durante l’epidemia di Ebola, «è stare con le persone, condividerne la condizione. Questo, nei momenti difficili, può significare vivere le stesse incertezze, la paura. Missione è portare l’annuncio di un Dio che si incarna e dà la vita per noi, per consegnarci il comandamento dell’amore: essere prossimi gli uni con gli altri. Questa vicinanza costruisce rapporti profondi come quelli di una famiglia e nel volto di una comunità riconosciamo di avere tanti fratelli, sorelle, madri, padri e figli. L’impegno che vorremmo rinnovare attraverso questo momento di preghiera è il desiderio autentico, di ciascuno di noi e della comunità cristiana, di spendersi per il Vangelo e per un mondo più fraterno e più giusto».

Articolo tratto dall’edizione di mercoledì 20 marzo 2019 del settimanale diocesano «La Vita Cattolica»

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